In un mondo ideale non avremmo bisogno di integratori perché una dieta equilibrata basterebbe ad apportare minerali, vitamine ed acidi grassi nella quantità desiderata. Purtroppo però le proprietà del suolo sono cambiate e apportano sempre meno nutrienti per la crescita delle piante. La contaminazione ambientale ormai arriva sulla nostra tavola e tutto quello che dobbiamo fare è mantenere in salute il sistema immunitario e gli organi emuntori per eliminare prontamente le sostanze tossiche prima che si accumulino. In questo contesto ritengo la supplementazione di qualità un modo per limitare i danni in un mondo che cerca continuamente di aggredirci o di farci aggredire dall’interno.
"Il Q10 ridona al cuore la sua vitalità naturale"
Queste sono le parole del Prof. Linus Pauling, ricercatore nell'ambito delle vitamine, insignito di due Premi Nobel.
Negli ultimi venti anni la ricerca in questo campo ha subito un’impennata perché questo tipo di supplementazione non rappresenta un “rimedio sintomatico” bensì consente di intervenire alla base delle disfunzioni che si instaurano in molte patologie. Il Q10 appartiene alla famiglia degli ubichinoni e deve il suo nome proprio alla sua ubiquitaria presenza nei tessuti e in tutte le membrane cellulari. Inoltre è fondamentale per la produzione mitocondriale di ATP - la valuta energetica più importante a nostra disposizione. Il suo ruolo attivo nella produzione di energia a livello cellulare fa sì che una sua deplezione entri a far parte della patogenesi multifattoriale della maggior parte delle malattie croniche.
Una della maggiori cause di invecchiamento precoce
Secondo la teoria mitocondriale il danno ossidativo delle strutture cellulari, causato dalle specie reattive dell’ossigeno (ROS), gioca un ruolo importante nel declino funzionale che accompagna l’aging. I ROS vengono sintetizzati nei mitocondri come prodotto di scarto in seguito alla sintesi di ATP. Qualora questi non vengano neutralizzati dagli agenti antiossidanti, nel tempo possono danneggiare la funzione mitocondriale e ridurre il metabolismo energetico di organi come cuore, fegato e muscolo scheletrico. La produzione endogena di questo coenzima declina a partire dal termine dell’adolescenza ed è inoltre influenzata negativamente da alcune patologie o dall’assunzione di questi farmaci:
- statine
- fibrati
- alcuni beta-bloccanti come propranololo e metoprololo
- antidepressivi triciclici.
In particolare le statine agiscono inibendo l’enzima HMG-CoA reduttasi e riducono la produzione endogena di colesterolo. Numerose sono le evidenze scientifiche che dimostrano una riduzione fino al 40% del Q10 dopo l’assunzione di questi farmaci. D’altronde è questo il motivo per cui gli effetti collaterali più frequenti sono: astenia, affaticamento muscolare, mialgie e persino in alcuni casi disturbi della memoria a breve termine.
Una molecola sempre più diffusa
Vista questa necessità, sempre più nutraceutici sul mercato contengono il coenzima ma sia la formulazione che il dosaggio non assicurano un’adeguata biodisponibilità. Sul mercato degli integratori, infatti, la maggioranza dei prodotti a base di Q10 riporta l'assorbimento di una quota molto bassa di principio attivo (circa il 5%). Nonostante gli studi riportino un’efficacia della supplementazione a partire da 100 mg, la formulazione più frequente sul mercato riporta un dosaggio medio di 30 mg. Questa scelta commerciale, giustificata dagli elevati costi di produzione e dalla preferenza per la forma ossidata (ubichinone) ha inciso sfavorevolmente sull’opinione che i clinici hanno del Q10. Tuttavia moltissime ricerche hanno esaminato la sua efficacia nella salute del cuore. Attenzione però nella scelta del principio attivo, rivolgiti ad un medico esperto di Medicina Integrata per la prescrizione e prediligi la forma ridotta (ubichinolo) del Q10, come quella presente in questo prodotto.
Quando l'alimentazione non basta?
Si stima che l’alimentazione possa contribuire mediamente al 25% del fabbisogno giornaliero apportando circa 3-6 mg/die. Tra le fonti nutrizionali di coenzima troviamo carne, pollame e pesce. In particolar modo gli animali nutriti ad erba (grass fed) apportano una quota maggiore di Q10. Un’altra strategia nutrizionale per incrementare l’assunzione di questa molecola fondamentale consiste nel prediligere il consumo di organi come cuore e fegato. Coloro i quali hanno bisogno di supportare la propria terapia ed ottenere un’azione farmacologica devono preferire un prodotto a base di ubichinolo, forma ridotta che agisce da antiossidante in grado di neutralizzare i radicali liberi ed il loro ruolo nella patogenesi di molte malattie croniche. Oltre alle persone che assumono statine, in realtà anche altre categorie riceverebbero un grande beneficio dall’assunzione di questa molecola, per esempio i pazienti affetti da scompenso cardiaco o da ipertensione arteriosa. Infatti un numero relativamente ampio di studi clinici supporta l’effetto antipertensivo di alti dosaggi di questo coenzima. Il Q10, infine, può essere utile nel trattamento delle aritmie ed in quello di disturbi che non hanno a che fare col cuore come:
- malattie neurodegenerative
- emicrania
- fibromialgia
- infertilità